"La Cultura Falconarese dal
Barone Felice Staffa (1845) all'Eruditissimo Arciprete
Bernardino Lupi (1952)" (Parte I).
Falconara Albanese fin dal 1800 ha iniziato a farsi conoscere
attraverso gli scritti di alcuni suoi "figli". Il primo Barone
Felice Staffa, nato nel 1801 e morto il 16 marzo 1870, avvocato
corrispondente e membro di varie Accademie Letterarie,
eruditissimo nelle amene lettere, profondo matematico. Si
direbbe oggi, un "genio", se poi lo si rapporta alla realtà
falconarese di due secoli fa, tale apprezzamento è pertinente.
Nel
1845, fece stampare a Napoli (allora Capitale del Regno delle
Due Sicilie), la sua opera "I Canti Albanesi", nella quale
trascrisse vari canti popolari falconaresi ed alcune poesie
italiane, tradotte in lingua albanese. Le laboriose ricerche
condotte nelle biblioteche di Napoli, Cosenza e Roma dallo storiografo
Robin Riggio finora, non hanno prodotto l'esito sperato. Del
Corpus dei suoi scritti, non è stato ritrovato nulla. Sono stati
contattati anche "probabili" parenti dello scrittore, purtroppo
non è emersa nessuna traccia per ritrovare almeno qualche breve
scritto.
Del secondo "figlio preclaro" Ferdinando Riggio, si hanno la
novella Ducagino ed alcune credenze popolari falconaresi, la
prima è stata raccolta dallo scrittore e pubblicata su "La
Calabria" anno V del 15 agosto 1893 N° 12, diretta da Luigi
Bruzzano; le seconde pubblicate sempre su "La Calabria" anno VI
luglio 1894 N° 2. Visse tra la fine del 1800 e l'inizio del
1900. Compose numerose poesie in lingua albanese e
raccolse molti canti popolari, novelle, proverbi ed antiche
credenze "di prima mano"dai suoi concittadini. Offrì così ai
posteri la memoria storica del proprio tempo. Falconara è
l'unico paese albanese, sulla costa tirrenica, ha però
conservato nel tempo tutta la sua "identità culturale e
storica". Oggi alle soglie del terzo millennio, si sente il
bisogno di recuperare tutto il patrimonio lasciato da questi
scrittori, perchè "un popolo senza memoria storica, non potrà
mai essere un popolo capace di costruirsi un futuro". Le
raccolte, poi, le tradusse in greco ed in italiano. Collaborò
nella "Rivista Calabrese" con il sacerdote Giovan Battista
Moscato di San Lucido. Sfortunatamente di lui, non si hanno più
notizie dopo la sua "partenza" per gli Stati Uniti, né il nome
della città dove visse, né sui suoi successivi scritti. Forse in
seguito alla pubblicazione di questo articolo sul sito
www.falkunara.com, si spera,
almeno, di aggiungere agli scritti già noti, altri postumi.
Dalle ricerche effettuate alla Biblioteca Nazionale di Cosenza
si è acquisita soltanto la data della sua scomparsa (30 Marzo
1947).
Il terzo "insigne" figlio di Falconara Albanese fu
l'arciprete Bernardino Lupi. Svolse il suo apostolato nel suo
paese natale, per ben 50 anni. Fu una persona eruditissima,
laureato in Teologia ed in Lettere e Filosofia. Profondo
conoscitore di Dante e particolarmente della sua opera magna "La
Divina Commedia". Famose erano, tra le persone che lo conobbero,
sia le sue Omelie, proprio per l'intessitura con versi delle tre
Cantiche dantesche, sia le sue dissertazioni sulla Divina
Commedia fatte con il chirurgo Pietro Riggio, padre del
Tenente del V Reggimento di Fanteria, caduto valorosamente sul
campo di battaglia (all'età di 25 anni) ed insignito con la
medaglia d'argento al Valore Militare,
Prometeo
Riggio. Era anche questo un "input" per istruire i suoi
parrocchiani, non solo dal punto di vista religioso. Lo scorso
anno ricorreva il 51° Anniversario della sua morte, avvenuta il
23 ottobre 1952, il realizzatore del sito
Falkunara.Com, voleva "commemorarlo" non solo con
notizie già note, ma con testimonianze raccolte tra coloro che
l'avevano conosciuto; oppure che ne avevano sentito parlare dai
loro genitori, congiuntamente ad una monografia sul suo lavoro
di educatore. Infatti Nonna Cecilia Russo Riggio raccontava di
studenti che venivano da altri paesi, in particolar modo nella
stagione estiva, probabilmente per prepararsi agli esami di
riparazione, che si svolgevano a settembre, un mese prima
dell'inizio del nuovo anno scolastico. Purtroppo fino al 27
settembre 2003 non si era riusciti a contattare nessuno.
Quel giorno infatti è avvenuto un "fatto straordinario" il Sig.
Domenico Rocco, mi consegnava "personalmente per l'amicizia che
ci lega" 2 quaderni del papà Francesco, allievo del sacerdote.
Sono datati 1938/39, per me educatrice, leggere quelle pagine è
stata una gioia immensa! Innanzitutto, si evince la preparazione
filosofica e pedagogica. Quest'ultima fino al secolo scorso è
stata considerata l'ancella della Filosofia. La fama di erudito
era non solo esatta, ma esaustiva, della sua preparazione
enciclopedica, che aveva fruito in modo originalissimo,
trasmettendola al giovane discepolo con gioiosa semplicità.
Quest'ultimo era talmente interessato, che via via ne diventava
partecipe empatetico.
Maritain1,
doveva essere il suo pedagogista preferito, perchè sono evidenti
le "sue" quattro regole a cui l'educatore, che è cooperatore
dell'educazione, adempiendo la sua funzione (che è una funzione
positiva) doveva attenersi:
1.
Incoraggiare e favorire, le disposizioni che permettono al
fanciullo di progredire nelle vie dello spirito.
2. Concentrare l'attenzione sulle profondità intime
della personalità e del suo "dinamismo precosciente".
3. Mirare ad "unificare, non disperdere" per assicurare
l'unità spirituale dell'uomo.
4. Liberare l'intelligenza, anziché aggravarla: la
ragione deve "dominare" sulle cose apprese.
Questo filosofo
valorizza notevolmente il maestro in un rapporto di "potenza" e
"atto" in cui si trovano l'Alunno (Potenza) e il Docente (Atto),
secondo il modello Tomista, entrambi infatti, sono "protesi"
verso quella assoluta verità che Dio solo conosce e di cui ha
reso partecipe l'anima. Per rendere più agevole la comprensione
del "mio dire" adopererò il sistema delle mappe concettuali. Ma
accanto a Maritain, il sacerdote falconarese attuava la
pedagogia del Gentile2
filosofo, esponente della corrente neohegeliana italiana.
Il primo concetto che risulta in modo "luminosissimo" dalla
lettura, è quello che il Maestro è simile all'artista, il quale
nell'espressione estetica realizza le sue doti naturali. Egli
deve attingere da se stesso e dalla propria genialità le
"risorse" di vocazione e di cultura per cui, nel rapporto
immediato con gli alunni, crea la lezione, che nasce
originalmente, ogni volta nuova, dalla comunione con i
discepoli. Il secondo pensiero è questo: l'educatore si forma
nel contatto vivo con gli alunni attraverso la riflessione
umana. Ma tutto ciò esige una preparazione culturale profonda
che gli permetta di rivivere in sé, unificati, i sommi valori
spirituali che l'umanità ha creato nei secoli. Infatti, la vita
e la cultura assimilata (fruita), sono le fonti "vive" da cui si
apprende a divenire maestri. Questo discente falconarese ebbe la
grande fortuna di avere un educatore di una levatura culturale
unica!
Questo mio giudizio è confermato dallo stesso allievo in molte
pagine e il suo rammarico è quello di non poter ricambiare
questo "dono" con un impegno più costante, perchè doveva dare
una mano al papà ed alla mamma nel "magazzino", oggi diremmo
Supermercato. Le materie di studio erano: Lingua e Letteratura
Italiana, Scienze, Storia ed Educazione Civica ed Aritmetica. Si
evince che il sacerdote-docente avesse approntato una
programmazione vera e propria. Scorrendo le pagine, non si ha
mai la sensazione, che non vi sia un filo conduttore, tutti gli
scritti, perseguono degli obiettivi e dei contenuti prefissati.
Note:
1. Jacques
MARITAIN: Filosofo francese 1882-1973, contribuì alla
preparazione della classe politica mondiale, ma soprattutto
italiana (Moro, Fanfani, Andreotti etc...) con l'opera magna:
"Umanesimo Integrale". Fu il primo laico ad essere ammesso al
Concilio Ecumenico (1963). Esponente dello Spiritualismo
Francese.
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2. Giovanni GENTILE:
Filosofo italiano 1875-1944, esponente dell'hegelismo italiano.
Ministro della Pubblica Istruzione nel 1923, varò la Riforma
della Scuola Italiana, che porta il suo nome (Riforma Gentile).
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