Falconara Albanese, 10 Giugno 2004

 

Il Rito Bizantino-Greco e l'Arciprete Bernardino Lupi (1872-1952).

La storia della Chiesa nell'Italia meridionale, tanto nel primo millennio (cioè il periodo prima dello scisma tra Bisanzio (Costantinopoli) e Roma, prima ancora del 1054), quanto nel secondo millennio, oltre alla chiesa latina, la stessa storia ci attesta la presenza della chiesa bizantina; e ciò che è caratteristico, è che le due chiese vivevano in piena comunione.
La fase italo-greca della presenza bizantina in Italia (fino al sec. XV) e quella successiva italo-albanese, distinte per ragioni storiche, culturali, etniche e linguistiche, vengono unificate sotto la nozione del rito-greco; ma gli albanesi a mano a mano che si inseriscono nella nuova vita sociale, iniziano a costruire le loro chiese per le funzioni liturgiche; il clero latino, cerca in tutti i modi di far dimenticare la provenienza e la tradizione ortodossa, spesso con la forza, e di inculcare ad essi un'identità sempre più latinizzata. Ma gli albanesi giocheranno la loro sopravvivenza su tre elementi: la lingua, il rito ed i canti popolari, in cui esprimeranno la propria coscienza nazionale. La presenza storica e spirituale degli albanesi in Italia non sarà annientata dalla realtà predominante latina, anche se portata all'esasperazione, come ci attesta lo stesso documento "Breve" di Leone X 
«Accepimus Nuper» del 18 Maggio 1521; Oltre a questo, seguirono altri documenti papali in favore dei greci, redatti da alcuni successori di Leone X, come Clemente VII (1523-1534) e Paolo III (1534-1549); bisogna però sottolineare che il Breve di Leone X ha dato la struttura di base alle altre disposizioni pontefice; ma ciò vuole ancora una volta indicare palesemente, che esistevano chiaramente dei problemi. L'incontro delle tradizioni diverse, quella Orientale e quella Occidentale, anche all'interno della comunione ecclesiale, non deve essere considerato come una realtà scontata e pacificamente accettata, anche se, fino a quel periodo entrambe le tradizioni coesistevano.
La coesistenza di queste due chiese di tradizione diversa in comunione, o almeno considerate tali, durò fino al Concilio di Trento (1563). Il periodo immediatamente dopo questo Concilio, è un periodo molto diverso dagli anni precedenti, in senso negativo. Infatti il Breve di Pio IV «Romanus Pontifex» del 1564 diede la svolta decisiva: eliminò del tutto le esenzioni ed i privilegi concessi dai Pontefici precedenti e da lui stesso nel passato, sottomise le comunità orientali alla giurisdizione degli ordinari latini (ed è proprio in questo periodo che la comunità di Falconara Albanese fu annessa purtroppo alla diocesi di Nicotera-Tropea), denunciò come presenti tra queste comunità opinioni eretiche, errori ed abusi, indicando con questo termine diverse pratiche che in realtà fanno parte delle legittime consuetudini liturgiche di noi orientali. In questo documento ancora, si parla di chiesa greca in Italia, ma ormai questa chiesa viene in qualche modo decapitata, viene cioè tolta la giurisdizione ai Vescovi e rimangono delle comunità con una propria tradizione liturgica, senza ormai avere la propria spiritualità che sfocia come ben sappiamo in una tradizione e prassi liturgica ben precisa. Scompariva Ahimé! la visione dell'Unità delle Chiese come comunione delle chiese.
Un trattamento radicale fu introdotto per i Santi Vescovi Ortodossi che mantenevano la cura pastorale degli albanesi e delle comunità greche. La Curia romana trasmise agli Ordinari Latini delle diocesi in cui questi «Σεβασμιοτατοι» sebasmiòtati visitavano gruppi di fedeli, l'ordine di denunciarli e di trasferirli incatenati a Roma (è doveroso ricordare che gli ordinandi ortodossi venivano mandati oltre che dalla Grecia anche dall'Albania, e più precisamente dalla sacra città di Ochrida). Le disagiatezze di questo popolo continuano, come si riscontra anche in un documento conservato nell'archivio di codesta parrocchia, la quale dal 1564 apparteneva alla diocesi di Nicotera-Tropea, come ho citato poco prima, datato 15 Dicembre 1872 il Vescovo fu costretto ad intervenire in un caso dove i genitori, di cui il padre di rito latino, volevano assolutamente battezzare i loro figli con il rito greco.
Passiamo adesso a considerare un poco, almeno superficialmente la situazione di Falconara Albanese (dico superficialmente perchè se dovessimo soffermarci un po' di più sull'argomento Falconara, dovremmo fare un'altra conferenza e questo non è il momento adatto!).
Fin dal 1919, anno in cui fu istituita la nostra Eparchia, Don Bernardino Lupi, fece richiesta di accedere all'ordinazione presbiterale secondo il rito Greco-Bizantino, il Vescovo di Tropea vista la sua profonda preparazione nelle arti letterarie e pedagogiche, preferì mantenere il chierico presso di sé negandogli il passaggio al rito Bizantino. Ma si è dovuto aspettare per più di tre secoli, tre lunghissimi secoli prima che Falconara ritornasse in seno al rito Greco, ma in questo arco di tempo si sono susseguiti uno dopo l'altro molti problemi, che alla base avevano quasi sempre il ripristino al rito degli avi, problemi questi, che purtroppo ci portiamo dietro ancora oggi, e non a caso, ancora oggi facciamo una grande fatica a depurare e a rendere veramente splendido questo rito che è comune, fin dai primi secoli della chiesa, a tutte le chiese dell'oriente cristiano. Sforzo che noi uomini di oggi, penso, abbiamo il dovere e l'obbligo a fare, almeno per non rendere vane le sofferenze, i disagi, le persecuzioni se così noi possiamo definirle, dei nostri padri e fondatori di questi paesi che hanno lasciato la loro patria solo ed esclusivamente per difendere strenuamente la fede data loro in eredità dai santi padri dei primi sette concili ecumenici, fede che noi ancora oggi abbiamo l'impegno di trasmettere ai nostri figli in modo puro ed intatto come ce lo hanno insegnato e ce lo insegnano ancora oggi i Santi Padri della Chiesa d'Oriente, a noi tanto cari.

 

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