Falconara Albanese, 14 Aprile 2003

Falconara Albanese tra XVII e XIX secolo.

Non è semplice stabilire in che misura Falconara partecipò agli avvenimenti storici e politici che sconvolsero il Regno delle Due Sicilie tra il 1600 e il 1800 e quale contributo abbia dato alla caduta del regime Borbonico. Purtroppo le fonti storiche in merito ci supportano poco. Ciò che è certo, e lo si evince consultando il Libro Matrimoniale del comune, è che nel XVII secolo molti erano i chierici di rito greco-bizantino presenti nel territorio falconarese. Il 26 ottobre 1624 il chierico Francesco Antonio Manis contraeva matrimonio con Maria Fionda e i testimoni furono Francesco Fionda, Andrea Marchese e Muzio Staffa. Ciò è testimonianza che il rito greco-bizantino concede l’uxorato ai propri pastori. Il terremoto del 1638 distrusse completamente Falconara mietendo centinaia di vittime e tra essi, probabilmente, molti aspiranti al sacerdozio di rito bizantino determinando, così, nel 1670 la perdita del rito per mancanza di clero. Dallo stesso Registro parrocchiale emerge un altro dato molto singolare. Nel Sacramento del Battesimo, accanto al nome e al cognome del genitore o del padrino del battezzato, veniva aggiunto un soprannome, proceduto alcune volte dal’“alias” (detto), che spesso identificava il mestiere svolto. La cosa che più sorprende è che con il passare degli anni, il soprannome, in molti casi, ha finito con il prendere il posto del cognome originale.
Ecco alcuni esempi:
1601 Cola Candreva detto Nesci - 1602 Cola Fiona detto Sudice – 1602 Petro Fiona detto Barbuto - 1602 Giovanni Glosci detto Barone - 1604 Lazaro Candreva detto Pirosci – 1607 Paulo Fiona detto Forgiaro – 1609 Giovanni Gliosi detto Fortino - 1612 Giovanni Bono detto Ristucci - 1616 Cola Candreva detto Gurello - 1620 Pietro Fionna detto Rocco - 1621 Janni Candreva detto Belluscio. All’indomani della firma del Trattato di Aquisgrana (1748) e il conseguente passaggio dell’Italia Meridionale sotto la dinastia dei Borboni, Falconara è già una piccola realtà. Nel 1750 conta circa 1550 abitanti, viene ultimata la chiesa del Buon Consiglio e l’intero popolo falconarese vive un periodo di risveglio religioso dovuto alla devozione per la Madonna del Buon Consiglio. Ma ancora una volta un grave terremoto, quello del 1783, interruppe questa rinascita mettendo in ginocchio l’intera regione. Le poche notizie che ci sono pervenute riguardanti il contributo dato dai falconaresi alla rivoluzione antinapoleonica, sono state raccolte dal sacerdote Antonio Rotondo nella sua opera “Memoria storica sulla rivoluzione antinapoleonica dei calabresi”, dove racconta, in un breve passaggio, la strenua resistenza di una trentina di falconaresi contro un contingente di seicento francesi e la conseguente e brutale repressione dei primi. Anche il XIX secolo ebbe, immancabilmente, il suo terremoto, quello del 1854, le cui ripercussioni sull’andamento demografico sono evidenti se si prendono in esame il censimento del 1849 nel quale Falconara contava 1751 abitanti e quello del 1861 nel quale se ne contarono solo 1542. Nacquero in questo secolo i due più illustri personaggi di Falconara: Felice Staffa e Ferdinando Riggio; trattati più approfonditamente nella Parte quarta. Tra la fine del 1800 e i primi del 1900 si colloca, invece, la rinascita culturale degli italo-albanesi. Promotore principale di questo processo fu Girolamo de Rada, di Macchia Albanese, che organizzò tre Congressi, nel 1895, nel 1897 e nel 1903 nei quali si ponevano in evidenza i diversi aspetti della realtà arberesh e la creazione di contatti culturali con la madrepatria attraverso la pubblicazione della rivista “Illi i Arbereschvet” La stella degli albanesi, diretta dal poeta e scrittore Antonio Argondizza di S. Giorgio Albanese.

XX secolo, la svolta per le comunità italo-albanesi.

Viene chiamato il secolo delle grandi emigrazioni, e pare che i cittadini di Falconara Albanese abbiano incominciato a conoscere la via dell’emigrazione tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo quando, tra il 1892 e il 1911, circa 600.000 calabresi lasciarono la regione per raggiungere le terre d’oltre oceano. Ma il '900 è in particolar modo il secolo della svolta in campo religioso per gli arberesh. Il 13 febbraio 1919 con la costituzione Catholici Fideles di papa Benedetto XV, viene canonicamente costituita l’Eparchia di Lungo. Con questo atto “viene ricomposta una unità strutturale, già sancita in seno al Concilio di Firenze (6 luglio 1436), ne sono testimonianza le favorevoli capitolazioni stipulate dai vescovi di Bisignano, Rossano e Cassano Jonio con i profughi arbersh, ma poi abbandonate dopo il Concilio di Trento (1563), che faciliterà la vita di una Comunità omogenea orientale in seno alla Chiesa Latina”. La promulgazione delle leggi Tridentine aveva portato ad un inasprimento dei rapporti tra le due comunità, “sancito” dalla emanazione delle Bolle Romanus Pontifex, del 16 febbraio 1564 di papa Pio IV, e dalla Bolla Provvidentia Romani Pontificis del 1566 di papa Pio V le cui conseguenze furono pesantissime per molte comunità che si videro costrette ad abbandonare il rito greco e passare a quello latino. Con papa Benedetto XV, nel 1917, verrà favorita l’apertura della Congregazione per le Chiese Orientali e il Pontificio Istituto Orientale. Con la costituzione dell’Eparchia la Santa Sede non solo, dunque, risolve definitivamente un capitolo spinoso durato circa cinque secoli, ma diventa essa stessa garante ufficiale per la sopravvivenza del rito bizantino della Chiesa Italo-albanese, superando brillantemente i malcontenti dei Vescovi latini a cui erano appartenute le parrocchie italo-albanesi. Purtroppo soltanto 18 comunità arberesh furono assegnate all’Eparchia di Lungro. Fin dall’istituzione di questa Eparchia, Falconara, che dal 1670 fu governata da vescovi latini, è stata candidata a passare sotto la giurisdizione della nuova Chiesa locale, ciò è confermato da un documento del 1923 con il quale la Santa Sede aveva dato seguito ad una richiesta dell’ordinario di Lungro. Il 10 marzo 1964 con Decreto della Santa Congregazione Concistoriale la zona compresa tra il fiume Savuto e i confini della Archidiocesi di Cosenza (zona comunemente detta “amanteana”) viene scorporata dalla Diocesi di Nicotera e Tropea e passava all’Archidiocesi di Cosenza. Dopo meno di un decennio e precisamente il 4 ottobre 1973, l’Arcivescovo di Cosenza Mons. Enea Selis sanciva il passaggio di Falconara all’Eparchia di Lungro e nominando padre Antonio Bellusci Vicario Economi della chiesa Parrocchiale dal titolo di San Michele Arcangelo. Come ha osservato il papas Antonio Bellusci nel suo discorso inaugurale, “non si tratta di passaggio ma di continuità. I nostri antenati albanesi quando vennero a fondare Falconara ed edificarono la Chiesa di San Atanasio prima, e le altre poi, erano di rito greco e vi rimasero fino alla metà del XVII secolo…, fedeltà al passato, fedeltà alla nostra storia e alla nostra genuina tradizione orientale…Non siamo perciò dei fanatici che difendiamo qualcosa del nostro passato. E’ la Chiesa cattolica stessa che ci esorta e ci obbliga ad esprimere il nostro culto a Dio, uno e trino, secondo la tradizione bizantina”.

 

Fausto Pugliese


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