Falconara Albanese, 19 Marzo 2003

 

Libera nos a malo.

… il male oscuro, quello che intacca le coscienze, quello che offusca le opinioni, quello che fa dell’uomo un reietto e della civiltà un’utopia. L’imposizione di un arbitrio su tutti quanti gli altri, la schiavitù non proclamata ma imposta.
Libertà vilipesa ed oltraggiata, non a parole, ma con i fatti…

Sulla tastiera del mio personal computer le dita scorrono vanno da sole ed inanellano sequenze di parole: sanno di comporre un articolo scritto a difesa del principio che regola la mia professione, ma soprattutto la vita: la libertà di espressione. Ho bisogno di parlarne perché troppe volte e per i più banali motivi, in questi giorni, la sto vedendo “reclusa”, ma soprattutto perché credo sia un argomento di fortissima attualità. Sempre. La Costituzione italiana sancisce, con l’art.21, l'inviolabilità dei diritti alla libertà di pensiero, parola, stampa e di movimento (qui non ci si riferisce al movimento di partito, ma per estensione, a mio avviso, ci starebbe anche bene…). Ma, per chi crede, la libertà d’espressione è emanazione diretta del libero arbitrio concessoci da Dio: violare quella degli altri equivale a peccare. Se ci pensate bene gli attentati alla libertà di espressione e di movimento ci accompagnano fin da bambini: “non fare quello”, “non dire questo”, “non pensare di…”, ecc. Buona cosa, direi, perché ai bambini, ai ragazzi e, perché no?, anche agli adulti servono delle regole, devono esserci dei confini da non travalicare per il benessere del vivere comune. Altra cosa è l’imposizione bieca delle proprie idee e del proprio credo alla collettività, alla maggioranza, al popolo. Se non è d’accordo con quanto dice il padre, un figlio può sempre andarsene e farsi una vita propria; se non si è d’accordo col sermone del parroco si può sempre cambiar parrocchia. Altra cosa, ahimè, accade se non si è d’accordo con chi ci governa: non è poi così semplice cambiare paese, città o Nazione. Non sto pensando necessariamente ad un Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio (elenco qui una carica a caso, per farla breve): mi dispiace dirlo, ma di “Berlusconi-dei-poveri” ce ne sono anche troppi. Allora, vada per gli appartenenti alla cosiddetta maggioranza che quel governatore lo hanno scelto: se non sono d’accordo con certe idee od ideologie piangano se stessi. Ma per quelle storiche minoranze che certi mali li subiscono senza averli mai scelti, che si fa? Sì, vigliaccamente, si può cambiare residenza; coerentemente si può combattere contro il sistema; stoicamente si può cambiare residenza ed al contempo combattere il sistema.

Non sono le battaglie di Don Chisciotte, ma gl’insegnamenti di una vita che andrebbe vissuta con la dignità e la consapevolezza che si è tanto più UOMINI, quanto più si dice ciò che si pensa, assumendosi il coraggio delle proprie azioni contestando un sistema che non ci rappresenta. Chi mina la libertà d’espressione, a vario titolo, è da considerarsi un dittatore. Chi impedisce la libera propaganda di un credo religioso, culturale o politico è un potenziale tiranno, un oligarca che non stenterà ad uccidere (politicamente, intendo) i propri compagni, qualora ne intralcino l’ascesa ad un potere sempre più assolutistico. Historia docet. Non voglio creare inutili allarmismi, solo dire – al solito – come la penso. Il bello di un editoriale, al contrario di un articolo, è questo: non devo salvaguardare a tutti i costi l’obiettività, la neutralità. Al contrario chiunque deve difendere sempre e comunque, ad oltranza, la libertà di espressione, di pensiero, di stampa, qualunque sia il suo credo politico o religioso. La censura è roba vecchia, da regime totalitario, segno di arretratezza. E poi, diciamolo: c’è più gusto a mettersi in gioco, a dare il meglio, quando si ha a che fare con una sana e robusta concorrenza. La Democrazia, del resto, non ha e non deve avere paura delle idee, nemmeno di quelle contrarie, né delle propagande, dei proclami e di tutto il resto. La democrazia non può combattere il terrorismo con il terrorismo, il sopruso col sopruso. Altrimenti non è più democrazia. Parafrasando quanto scriveva il poeta inglese John Donne nella sua "Meditazione numero 17" «che ogni perdita di libertà ci diminuisce».
Ma la vittoria sulla libertà altrui non è altro che una vittoria di Pirro.

Floriana Riggio


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