Falconara Albanese, 16 Aprile 2003

Il costume tradizionale di Falconara Albanese.

Oltre alla lingua ed al rito, l’elemento più rilevante della minoranza italo-albanese è il costume. In mancanza di una cultura letteraria, le tradizioni e i costumi hanno rappresentato il simbolo e la “bandiera” del gruppo etnico. Quello arberesh è tra i più bei costumi popolari europei. Il costume maschile ha avuto vita breve perché ben presto l’albanese smise di indossare il vestito tradizionale, che aveva portato con se dalla Shqiperia, per sostituirlo con quello dei montanari calabresi. Ciò perché le nuove attività intraprese nella patria d’adozione imponevano abiti pratici. Ma il tesoro da scoprire è costituito dall’abbigliamento femminile; preziosità e raffinatezza testimoniano in che considerazione fosse tenuta la donna nella società albanese. Era lei che “rappresentava” la famiglia e l’etnia nelle cerimonie ufficiali. Perciò, nonostante la povertà del passato, non si rinunciava a darle in dote la costosissima “cohe” (gonna di seta damascata impreziosita nella parte bassa da artistici ornamenti). Il costume, al pari di altri elementi della cosiddetta cultura materiale, subisce nel tempo trasformazioni ed evoluzioni misurabili a volte col metro dei secoli. Spesso i costumi sono condizionati dalla reperibilità dei materiali, dalle nuove tecnologie, dall’influenza delle culture delle popolazioni vicine. Nella seconda metà del XVIII secolo il costume di Falconara Albanese, così come quasi tutti gli altri costumi popolari, subì delle contaminazioni e perse alcune caratteristiche peculiarità pur mantenendosi pittoresco ed originale. Questi abbigliamenti stupendi che noi oggi ammiriamo nelle sagre e nelle feste paesane non sopravvivono più come realtà quotidiana ma sono soltanto il soggetto d’attrazione per un abile regia turistica. Si indossano nelle Vallje (ridde composte specialmente da fanciulle, che tenendosi per mano o per le estremità di serici fazzoletti, formano lunghe file. Le Vallje troverebbero somiglianza nella danza Pirrica dei greci ed in quella illirica), a volte in occasione di sposalizi o di riti funebri, ma la spontaneità per questo abbigliamento è sempre più rara. Sono comunque presenti negli armadi perché conservano le matrici della storia della famiglia, come i vecchi gioielli o certi tessuti, ma sono considerati unicamente dei pezzi da “museo”. Il costume maschile era costituito da pantaloni, tirq-it, di colore beige con guarnizioni nere; da un gilè, xhipun-i, anch’esso beige o rosso riccamente lavorato; da una camicia, kemishe-a, a maniche larghe; ed un berretto, qelesh-i, semisferico bianco. Di disegno originale erano le ciocie, calzari di cuoio, oping-a , caratteristiche per una curiosa punta all’insù; infine c’era la cintura, brez-i, di lana a strisce orizzontali dai diversi colori, larga circa trenta centimetri e lunga quattro metri. Nel costume femminile la camicia, linj-a, era bianca ed aveva larghe e lunghe maniche ricamate; la gonna, cohe-a, di lino o di seta non colorata, era arricchita alla vita e scendeva larga alle caviglie; il corpetto, xhpun-i, era privo di maniche ed ornato da splendidi galloni; il copricapo, keze-a, era riccamente lavorato con fili di oro e d’argento e su di esso veniva posto un lungo velo; il grembiulino, preher-ri, molto piccolo, era ricamato con motivi accordati con quelli delle maniche della camicia. Inoltre d’inverno sotto il corpetto senza maniche ne indossavano un altro molto più corto con maniche fino ai gomiti ed infine amavano impreziosire il proprio volto con pesanti orecchini (vethe) d’oro lavorato e con splendide collane. Nel tempo il costume femminile di Falconara Albanese subì delle trasformazioni: la gonna, che originariamente era di lino o seta grezza, venne confezionata con raso damascato di colore beige o giallo paglierino; le maniche del corpetto invernale (di lana fine) vennero allungate, e il tessuto sostituito con raso broccato; la camicia perse le sue larghe e meravigliose maniche, e forse, per ricompensare tale perdita, venne dotata di merletto sul davanti (alla moda francese del XVIII secolo); l’elegante gilè senza maniche scomparve. Anche se un pò rimpicciolita, l’unica superstite è la Keza (il copricapo), il simbolo delle donne coniugate.

 

Fausto Pugliese


© Copyright www.falkunara.com. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale.

DISCLAIMER